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Leandro Arpinati. Un fascista anomalo

Lunedì 17 febbraio 2014 è stato presentato il volume Leandro Arpinati. Un fascista anomalo (il Mulino 2013) di Brunella Dalla Casa, che ne ha conversato con Ugo Berti Arnoaldi.

Anarchico, poi interventista, infine fascista della prima ora, conterraneo e soprattutto amico di Benito Mussolini: queste, in sintesi estrema, le coordinate in cui si muove la vicenda umana di Leandro Arpinati (1892-1945), una delle figure più enigmatiche e dal destino più insolito del regime fascista.
Ras del violento fascismo bolognese delle origini e poi padrone di Bologna, che a un certo punto amministra da podestà, nel 1929 Leandro Arpinati diventa sottosegretario agli Interni (cioè di fatto ministro, perché la titolarità del dicastero era in capo a Mussolini). Ma il rapporto fra i due si logora "nel non detto e nelle trame fra gerarchi, in particolare quelle del nuovo segretario del partito Starace", e anche per il dissenso plateale che Arpinati manifesta verso l'economia corporativa, che in quegli anni è la linea economica del regime. L'esito è drammatico: nel 1933 Arpinati viene estromesso dal sottosegretariato, l'anno dopo è condannato al confino, prima a Lipari (mentre la "sua" organizzazione bolognese viene smantellata), poi nella tenuta di Malacappa, a nord di Bologna, da dove assiste alla parabola verso la guerra dell'Italia fascista. Dopo l'8 settembre 1943 rifiuta qualsiasi incarico nella Repubblica sociale e anzi intrattiene rapporti con gli alleati e la Resistenza ("Mi dicono che treschi con i partigiani", scrive di lui Mussolini). Ma proprio da un commando partigiano viene assassinato il 22 aprile 1945, un'ora dopo l'arrivo delle avanguardie alleate e la liberazione di Malacappa.

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